![]() HOME |
![]() "UNA MERENDA SPECIALE" |
|
![]()
|
Pomeriggio d’estate, io e mio fratello giochiamo a pallone nel giardino. Corriamo,
gridiamo. Tiri e parate nella “porta” tra due alberi. Siamo sudati. Ci spruzziamo con l’acqua della fontana. Sdraiati all’ombra di un pino sentiamo l’odore del fieno sparso sul prato. Dal pollaio arrivano schiamazzi di galline e “coccodè” festosi. Poi la voce di nostra madre:” Ci sono le uova fresche, dai, salite! Oggi vi faccio la “rusumada”! (parola in dialetto lombardo). Lasciamo i giochi, pregustiamo il ristoro di quella merenda un po’ speciale. Quando arriviamo in cucina, le persiane socchiuse lasciano filtrare una luce appena sufficiente. La mamma è già indaffarata intorno al tavolo, nella riposante penombra. Versa due chiare d’uovo in una scodella, immerge le fruste del frullatore e gira velocemente la piccola manovella. Noi guardiamo affascinati. Una trasformazione avviene sotto i nostri occhi. Quella “masserella” giallognola e trasparente diventa una schiuma, sempre più fine, sempre più bianca, fino ad essere soffice soffice, quasi impalpabile ma compatta. Le mani delicate della mamma prendono i gusci, tenuti in piedi in un largo bicchiere, e ne fanno uscire i tuorli. Le chiare montate assumono un colore prima arancione vivo al centro, quindi, mentre il cucchiaio mescola adagio, sempre più tenue e diffuso. Vengono uniti anche due o tre cucchiaini di zucchero, quello che il droghiere ha confezionato nella carta blu e che ora è tolto dalla scatola di latta. E infine qualcosa rende particolare la merenda. Dal fiasco del papà, la mamma fa scivolare in un guscio vuoto un po’ di vino rosso e lo versa nella tazza. Quella specie di crema leggera prende un colore dal violetto al rosato e un profumo fine si respira con piacere, penetra nelle narici e raggiunge la gola. La “rusumada” è pronta. Viene divisa in tazze più piccole e a cucchiaiate noi la mangiamo subito, non si può aspettare altrimenti la schiuma si affloscia. Il sapore è fresco, delicato, appena dolce. La consistenza si scioglie subito in bocca, sfugge nel momento stesso in cui la si prende. Ma alla fine sazia. Resta in bocca un gusto fiorito, dal sottofondo vivace del vino. E la parola “rusumada”, intraducibile, evoca il profumo di rose che aleggia per la cucina. “Rusumada” richiama la “rugiada” e infatti è una merenda fresca, ristoratrice. Pochi e semplici gli ingredienti. Il vino è un’occasionale concessione. Crea complicità. - Poco e ogni tanto non fa male - dice la mamma. Noi bambini impariamo il senso della misura. (racconto di Anna Maria Tettamanzi - 2010) |